Dylan Horrocks - Sam Zabel and the Magic Pen
Sam Zabel and the Magic Pen
Dylan Horrocks
Fantagraphics Books, 2014
"Sam Zabel and the Magic Pen", libro a fumetti del neozelandese Dylan Horrocks pubblicato negli Stati Uniti da Fantagraphics nel 2014, ha una base autobiografica, essendo il protagonista (Sam Zabel) una versione fantasiosa dell'autore reale.
Zabel, come Horrocks, realizzò negli anni Novanta un fumetto personale intitolato Pickle, e poi nel decennio successivo fu ingaggiato da un editore statunitense per scrivere una serie mensile dedicata a una supereroina (Lady Night della Eternal Comics nel fumetto; Batgirl della DC Comics nella realtà). Non so se nella realtà Horrocks ebbe una crisi creativa, allo stesso modo di quella affrontata da Sam Zabel nel fumetto, e se dunque "Sam Zabel and the Magic Pen" fu un modo per riflettere su se stesso e sulla sua carriera di fumettista, e tentare di uscire dalla crisi. E' molto probabile che sia così, anche se non posso dirlo con certezza.
Che Horrocks affrontasse o meno una crisi creativa, leggendo "Sam Zabel and the Magic Pen" si riesce comunque a comprendere la sua opinione sui fumetti seriali e su come dovrebbero essere fatti i fumetti, vale a dire gli obiettivi principali perseguiti con questa sua opera.
Di certo c'è un disprezzo per i fumetti contemporanei di supereroi (non per tutti in assoluto, visto che viene nominato qualche autore meritevole), e in particolare per i suoi, che Zabel/Horrocks ammette di scrivere esclusivamente per pagare le bollette, a differenza del fumetto realizzato nel decennio precedente che invece sentiva suo. La crisi creativa nasce proprio dal dover lavorare a un fumetto in cui non crede e che fondamentalmente disprezza.
A questo punto va fatta un'osservazione cattiva ma indispensabile. A chi non conosce i trascorsi di Horrocks come autore di fumetti di supereroi, faccio notare che le sue uniche opere in questo settore sono state una storia di sette pagine nell'antologia Bizarro Comics, diciannove numeri della serie Batgirl, una storia di cinque pagine nell'antologia Bizarro World, e tre numeri di Batman: Legends of the Dark Knight. Per come viene presentata in "Sam Zabel and the Magic Pen" la sua esperienza di sceneggiatore per il mercato dei supereroi, sembra che questo lavoro gli avesse prosciugato le idee e le energie perché l'editore lo aveva sfruttato fino all'osso facendogli sfornare tonnellate di fumetti. E invece di tratta di una ventina di albi. Finalmente giungo all'osservazione cattiva ma indispensabile: se dopo una ventina di albi non aveva più niente da dire, non mi sembra che fosse stracolmo di idee e creatività, e se "Sam Zabel and the Magic Pen" è la sua risposta personale a un modo di fare fumetti opprimente e disgustoso, beh, significa che le idee e la creatività erano assenti per colpa sua e non per il "superlavoro" sui supereroi.
E' vero, ci sono autori che azzeccano uno o due fumetti e poi non riescono a fare più quasi niente. Non c'è nulla di male. Ai lettori dovrebbe interessare quello che gli autori riescono a fare di buono, non quello che non fanno, e se quel qualcosa di buono è un'unica opera devono semplicemente essere contenti che almeno quella ci sia. Ma se un autore fa una buona opera, poi scrive supereroi pur non avendo più nulla da dire, e dopo fa un libro a fumetti inconsistente lamentandosi di essersi perso per strada per colpa dei supereroi, allora c'è ragione di lamentarsi.
Sì, perché "Sam Zabel and the Magic Pen" non è una buona risposta a una crisi creativa e non è una buona dichiarazione di principio su come andrebbe cambiato il modo di fare fumetti.
L'opera, rivolta a un pubblico di adulti, dopo la prima parte incentrata sulla crisi creativa si riduce a un viaggio fantastico in vari mondi di fantasia creati con un pennino magico.
Ancora peggiore è il sottotesto metanarrativo. "Sam Zabel and the Magic Pen" appartiene in tutto e per tutto a quelle che oggi vengono chiamate "ideologia woke" (io preferisco il termine "ideologia stramboide") e "cultura della cancellazione".
L'ideologia stramboide dà enorme importanza al potere della parola, nella convinzione erronea che siano proprio le parole a plasmare il mondo, e non viceversa, e inoltre considera centrale la moralità orientata verso il femminismo, l'antirazzismo e altro (nel fumetto entra in gioco solo la componente femminista di questa ideologia). Ne consegue che i propugnatori dell'ideologia stramboide mirino al controllo della parola - cercando di monopolizzare il discorso pubblico e di censurare le voci discordanti - per plasmare il mondo secondo la loro visione morale. E da questo consegue la cultura della cancellazione, vale a dire una censura delle voci del passato che non si accordano con il discorso morale corrente.
"Sam Zabel and the Magic Pen" rientra in pieno in quest'alveo. Nel fumetto la parola ("parola" in senso ampio: utilizzo il termine per riferirmi anche il linguaggio del fumetto) ha il potere di creare dei mondi tangibili, e i personaggi che incarnano il punto di vista dell'autore (Sam Zabel e Alice) convengono che la parola andrebbe usata per creare mondi in linea con la loro moralità femminista, e anche che di fatto andrebbe impedito di esprimersi a chi non vuole rispettare quella moralità. In questa impostazione c'è anche spazio per la cultura della cancellazione, visto che i due entrano in contatto con il mondo e i personaggi di finzione creati da un fumettista degli anni Cinquanta e li modificano per adeguarli alla loro moralità corrente.
Essendo "Sam Zabel and the Magic Pen" un fumetto confusionario e carente di progettazione, l'autore non si è accorto che il personaggio a cui ha affidato nella seconda parte dell'opera lo sviluppo del sottotesto sulla moralità - cioè Alice - è stato caratterizzato nella parte iniziale come una ragazzina ignorante e stupida. In fondo non c'è da stupirsi che il messaggio stramboide esca dalla sua bocca.
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